Restauro di Porta Molino
Padova
Porta Molino era il principale dei quattro accessi “regales” che si aprivano nella cinta muraria medievale di Padova; con le altre porte: S. Giovanni, Torricelle, Altinate, tutte orientate secondo i quattro punti cardinali, si individuava la suddivisione in quartieri fatta dalla topografia ecclesiastica nel 1204 per ragioni di efficienza amministrativa. Affacciata verso settentrione, la porta si innalza al termine del romano Ponte Molino che attraversa il ramo del Bacchiglione chiamato Tronco Maestro dove sino al 1884 funzionavano trentatré ruote di altrettanti molini montati su barche, da cui la porta ed il ponte traggono il nome.
Alta quasi 26 metri, venne eretta in pietra e cotto nel XIII secolo. L’importanza funzionale della torre, e con essa della porta, nella struttura urbana della città medievale era data dal fatto che costituiva l’accesso principale di gran parte delle provenienze da nord e segnava l’inizio dell’antico “Cardo Massimo” o Strà Maggiore che si collegava direttamente, a sud, con la porta di S. Maria d’Avanzo (non più esistente) ed intersecava, nella parte mediana, il centro civile e religioso dell’aggregato urbano rappresentato dal Palazzo della Ragione, dal Capitanio e dal Duomo. Il torrione si innalza nella parte esterna della cortina muraria su un arco romanico in pietra, mentre all’interno si succedono due arcate, di cui la più ampia e suggestiva è a sesto acuto. Interessante l’accesso barocco al torrione superiore, costruzione della fine del XVII secolo accostata alla facciata interna, sulla sinistra. Ai lati si notano ancora parti delle mura comunali. L’accesso pedonale è frutto di interventi ottocenteschi, come pure l’utilizzo della parte superiore della porta come vasca d’accumulo per la prima rete di distribuzione dell’acqua potabile in città.
Un’analisi metodica e puntuale, un lavoro di capillare “lettura” del manufatto in tutte le sue parti, individuando le manomissioni succedutesi nel tempo, hanno evidenziato quelle tracce, anche irrispettose, del passato che sommandosi nel monumento lo hanno impoverito ed arricchito allo stesso tempo di segni, materiali, forme e spazi facendone ormai un fatto singolare capace di una sua “vita” autonoma rispetto al passato e rivolta alla città al cui aspetto sicuramente da sempre contribuisce.
La stessa nostra analisi storica ha inteso, più che ritrovare notizie o recuperare antiche funzioni, essere una lettura accorta del presente per rintracciarne a ritroso, attraverso un accurato rilievo “pietra su pietra”, il succedersi degli interventi e degli usi, il livello di compromissione degli stessi e la possibilità o l’opportunità di mantenerli o eventualmente eliminarli.
Il metodo attuato nel rilievo ha dunque condotto, per lo specifico del nostro settore professionale, innanzitutto ad una presa di coscienza sensibile e totale dell’opera nel suo insieme prima di divenire un fatto progettuale.
Tale tipo di analisi-rilievo ha indirizzato a decisioni rivolte, più che al recupero o riproposizione di materiali, forme e funzioni coerenti ad un uso originario non più leggibile né possibile, alla scelta di conservare il monumento deformato così come ci è giunto e, con un intervento progettuale rispettoso, per entità e materiali, renderlo nuovamente all’uso della città.
Gruppo di lavoro: Architetti V. Bonato, E. Barato, A. Ceccarello, L. Gennaro, R. Ruggiero